„Tecnologia“ dei Fotobioreattori
Autor & Editor: Silvano Enzo
Fotobioreattori sono una tecnologia recente, in pieno sviluppo ed evoluzione, non
esiste un fotobioreattore tipo… esistono migliaia di modelli, sistemi concetti
e soluzioni, proviamo ora a fare una classificazione generale.
Design:
Raceway: i raceway sono vasche o piscine in
cui agiscono dei mulini che rimescolano l’acqua nella quale sono sparsi i microorganismi, disciolte le sostanze
nutritive e i gas per la respirazione. “Mescolare” favorisce l’accelerazione
del metabolismo dei microorganismi. Il Raceway è il modello più economico.
Batch: il Batch o discontinuo è una cisterna,
spesso usata in laboratorio, permette di coltivare grandi quantità alghe ed è
spesso supportato da luce artificiale. È il modello più semplice di
fotobioreattore. Come batch vengono usati i recipienti più disparati, sacchetti
di plastica, bottiglie, silos e tubi.
Antenne: io le chiamo così, sono fabbricate
per “ricevere” la luce con il massimo di efficienza e quindi ritengo sia il
nome che le definiscono meglio. Per lo più sono tubi, eccellenti per
coltivazioni monoalgali (axeniche) in continuo, possono produrre
ininterrotamente, e sono molto costosi.
Elementi tecnologici:
Vasche: il primo fattore di scelta dipende
dal tipo di microorganismo/i che si vogliono coltivare e la quantità. A questo
punto decidiamo la qualità, ora però elencare tutte le possibilitá mi verrebbe
complicato, facciamo 3 esempi semplici differenti:
Esempio 1)
Voglio un fotobioreattore da laboratorio per sviluppare diversi tipi di alghe
da usare per fare gli start in coltivazioni sperimentali. Quindi scieglierò un
fotobioreattore semicontinuo in “batch”, in pratica delle “bottiglie” facili da
riempire, svuotare e pulire.
Esempio 2)
Voglio produrre la più grande massa possibile con i costi più bassi. Quindi
scieglierò un impianto a raceway outdoor con mulini agitatori.
Esempio 3)
Voglio sperimentare nuovi tipi di coltura. Quindi sceglierò un sistema di
coltivazione continuo, indoor (nelle serre) con il controllo migliore dei
fattori di temperatura, luce, alimentazione.
Filtri
di raccolta: il
sistema classico è la flocculazione, si “rompono” le alghe mettendole in
agitazione violenta, magari con un “mixer” o un frullatore. Molto costoso a
livello energetico… poi vanno anche raccolte le alghe che precipitano sul
fondo. Esiste anche la "co-flocculazione", la “bioflocculazione” e la
coagulagione, che però si usa per chiarificare le acque sporche, è un sistema chimico inorganico nel quale sostanze deionizzanti (di solito a base di calcio, ferro, magnesio, alluminio sodio etc...) abbattono le cariche elettriche delle sospensioni nell'acqua e si usa in parallelo o come pretrattamento nella flocculazione. Esistono anche altri tipi di “filtri” tipo
reti“planktoniche” con buchi così piccoli che fanno passare solo l’acqua, vanno
svuotati spesso, un procedimento molto ripetitivo che stressa i materiali. I
sistemi che trovo più interessanti sono i “cavitatori” ossia delle pompe che
fanno cavitare l’acqua, le micro o nanobollicine di vuoto prodotte vanno ad
incollarsi alle superfici dei microorganismi, ma anche di altre impurità, per
effetto elettrostatico generato dalla tensione superficiale dell’acqua e
tendono a portare tutto in superfice. Esiste un brevetto inglese del Dr Will Zimmerman che dichiara
di aver ridotto il consumo energetico di questi
cavitatori facendoli diventare
interessanti per questa applicazione.
Agitatori:
come detto sopra un
fotobioreattore accelera il metabolismo dei microorganismi mettendoli in
agitazione, impedisce la stratificazione termica, aiuta la distribuzione dei
nutrienti, favorisce lo scambio dei gas. È neccessario sapere prima “quanta”
agitazione serve, perchè si rischia di distruggere le alghe… possiamo usare dei
mulini, getti d’aria o gas, magari CO2 . Nei laboratori troviamo
spesso gli agitatori con il mangetino; un contenitore con le alghe viene
appoggiato su di una scatola contenente un rotore magnetizzato, quindi basta
inserire un pezzo metallico all’interno del contenitore con le alghe per
metterlo in movimento.
Luci: Ovviamente noi useremo la luce
solare, ma… se ci servisse possiamo usare anche delle lampadine normali, così
se serve possiamo “riscaldare” la coltivazione, comuque le alghe prediligono
frequenze ben precise di luce come le piante. Teniamo conto che con l’aumentare
della concentrazione delle alghe va aumentata anche la luce, anche in rapporto
all’ampiezza del fotobioreattore. Non è vantaggioso tenere le alghe sempre
esposte alla luce, potrebbero perdere di sensibilità, è meglio avere un’
esposizione ciclica. Ci sono studi su come efficientare l’energia luminosa con
la tecnica dei “Flash” con emettitori “LED” fatti di gallio, alluminio e
arsenico.
Lo spettrodi ricezione luminosa (cioè la luce che viene “effetivamente” convertita in
energia dalle alghe) varia da alga ad alga, in generale potremmo dire che la
troviamo nel blu (400-500 nm) e rosso (650-700nm) , meno nel verde (500-650 nm).